Leggende

Racconti e storie di fantasmi

Guido Zanotti, nelle Scabbie Cuminne, bosco dove andava a lavorare, sentiva durante la notte rompersi e cadere a terra i castagni; la mattina seguente, quando andava a verificare non trovava niente fuori posto.

Duilio:  <<Si sentiva abbaiare un cane in Spineio, noi nell’aia di Livio non facevamo in tempo ad entrare nella cascina che lui era già li da noi.
Altre volte di sera vedevamo una luce chiara verso il fiume, si sentiva abbaiare e ricompariva nel giro di pochissimi secondi la luce a metà strada con un paio di abbai ed a Terme (cavalletti) gli ultimi 2 abbai, dopodichè scompariva>>.

La Margherita mungeva le mucche nella stalla, quando sentì in casa urlare i bambini, allora salì di corsa e trovò suo nonno (morto da tempo) e gli disse: “se dovete dire qualcosa ditelo a me ma lasciate stare i bambini!”

Tognu tornava a piedi da Bogli, era già sera, ai ponti sul Boreca vede un chiarore e suo padre (morto) di fronte a se che gli dice: “Mi raccomando fermati Antonio, vai a casa e mettiti a letto e chiama il dottore”. Così fece e scoprì di avere il tifo.

Giuàn era solito portando al pascolo le vacche nei dintorni del cimitero, frignare e piangere tutto il tempo, un giorno scende in paese tutto contento e suo padre: non piangi più “Braghiùn?”. “No, non piango più perchè ho la compagnia lassù, c’è “pa Giuanìn” (il bisnonno che non aveva mai conosciuto) ed il padre gli chiede allora come fosse vestito per prenderlo in castagna e Giuàn allora glielo descrive perfettamente ed il padre riconosce dalla descrizione l’abbigliamento di quando era nella bara…

Marocco, papà di Tugnìn e nonno dell’Adriana, acquistò una mucca da latte ma sfortunatamente per lui il latte non usciva. Un giorno, disperato, comincia a picchiare la mucca, nel frattempo spunta uno dei “Campè” (ceppo familiare) morto da tempo, che gli chiede cosa stesse facendo, e Marocco: “Ammazzo questa bestia che mi rovina non dando latte”. Allora questo dei Campè passò una mano sulla schiena della mucca e se ne andò. Da allora la mucca diede latte normalmente…

Marocco, passato Varzi per tornare a Belnome, incontra un’amico e gli dice: “Quanto tempo, sarà che non ci vediamo? Più di un anno!” E l’amico: “Ma che anno, ti ho visto l’altro giorno quando eri nelle strade burche che andavi a macinare col sacco di grano in spalla”. E Marocco: “in quel punto c’ero solo io ed un cane che mi ha dato una codata”. E l’amico: “Quel cane ero io, stavo andando a ballare in “Piàn de Seoiu”.

Barbuìn di Suzzi era una donna un po’ strana che solitamente portava le vacche nella “Baserga”, Rico di Belnome, una volta che questa Barbuìn morì, prese il suo posto nel pascolo. Un giorno tornò a Belnome spaventatissimo picchiando le mucche per farle tornare velocemente. interrogato da qualche vecchio di Belnome, rispose che c’era Barbuìn che lo picchiava per farlo andare via dal suo pascolo.

C’era un prete che vedendo le ragazze di Belnome ancora da sposare esclamò: “Che belle!”. In un momento il cielo si chiuse e scesero acqua e ghiaccio, allora il prete disse: “Andate a suonare la campanina”. (la più piccola campana del campanile, donata poi alla patria in tempo di guerra). Appena suonarono la campana il cielo si aprì. E la stessa campana veniva usata regolarmente ed alla presenza di tutto il paese per far smettere di piovere in casi in cui avessero dovuto lavorare le terre e funzionava sempre.

Cumàn era a Suzzi con altri ragazzi a lavorare. Dormiva nella stalla dei Pedretti mentre i ragazzi nei piani superiori. Una notte sente che i ragazzi lo chiamano allora si alza e sente ancora chiamare e riconosce chiaramente la voce dei ragazzi ai piani superiori, li raggiunge e loro dormivano tutti.

a cura di Michele Ravera

Anno 1938 circa. Poesia scritta dalla maestra di Belnome.

 

banco di scuola

Come è cara, quanto è bella una scuola come quella che si fa nel paesino di Belnome Piacentino.
Sedie e banchi che erano molti, che costaron gran fatica, in che stato or li trovi, non ti accorgi del colore.
Bianco dato alla stanzina, e fra tanti guasti e mali c’è nemmeno la latrina pei bisogni corporali.
Ci son tanti bei ragazzi, un po tristi,un po’ pazzi, ma con poca intenzione di imparare la lezione.
Adriano imperatore, Adriana imperatrice che davanti a Monsignore recitasti in cor felice, come fossi la più bella.
Ridi, ridi Luigina che ti credi? Se ben giungi dalla scuola cittadina di saperla tanto lunga?
Guarda invece un po’ la Bruna, come cerca d’imparare, ci scommetto che nessuno più la sappia superare.
Il problema, che dilemma per la Bruna e per la Emma; tara lordo e peso netto che problema per Peretto.
Né Armando si da affanno per lo studio son sicura, che se non sarà quest’anno passerà l’anno venturo.
Solo Dante a quanto pare ha gran voglia di studiare, ma se impara nulla o poco da la colpa tutta al gioco.
Ben pulito e inamidato, lindo ogni or nella scrittura, col colletto inamidato, lo direste per natura un ragazzo pien di voglia ma se scruti da vicino vedi invece che ti imbroglia, vero Lino Rebollini?
Guarda invece un po’ l’Elvira, la donnina di casetta, tutti dico oh l’ammiran, con che grazia lei riassetta, sempre pulita e pettinata mai si presenta male ma non arriva una volta puntuale;
Don don don le nove, l’Elvira non c’è.